mercoledì 22 settembre 2010

Vaticano, pubblicata la pergamena di Chinon sull'assoluzione ai Templari

Il 'Processus contra Templarios' è la riproduzione fedelissima di quattro pergamene dove sono annotati 38 verbali di interrogatori ai monaci-guerrieri. Mons. Pagano: ''Non ha alcuna volontà celebrativa e tantomeno riabilitativa'' dell’Ordine del Tempio. 


Roma, 25 ott. (Adnkronos/Adnkronos Cultura) – Non si tratta di una scoperta. Così il prefetto dell’Archivio segreto del Vaticano, monsignor Sergio Pagano, ha esordito presentando il volume “Processus contra Templarios”, sgomberando il campo da alcune imprecisioni apparse sulla stampa degli ultimi giorni. ''È il terzo numero di una collana che si chiama ‘Exemplaria Praetiosa’ – ha precisato - inaugurata nel 2000'' e che prosegue oggi con una pubblicazione che non ha ''alcuna volontà celebrativa e tantomeno riabilitativa'' dell’Ordine del Tempio.

È inoltre “del tutto accidentale” il fatto che, proprio quest’anno, ricorra il settimo centenario dall’inizio del processo ai templari. La pubblicazione racchiude al suo interno la riproduzione fedelissima di quattro pergamene, la cui lunghezza complessiva somma 5 metri e mezzo e in cui sono stati annotati 38 verbali di interrogatori.

I primi tre documenti si riferiscono all’inchiesta pontificia sull’Ordine dei templari tenutasi a Poitiers e costituiscono gli esemplari superstiti di un corpus originario di cinque rotoli membranacei. La quarta pergamena rappresenta il documento più importante e intorno al quale si concentra l’interesse degli studiosi e degli appassionati della vicenda. Essa è stata rinventuta solo nel 2001 ed è l’atto originale di assoluzione concessa dai cardinali plenipotenziari del Papa Clemente V al Gran Maestro del Tempio Jacques de Molay e agli alti dignitari templari rinchiusi nel castello di Chinon, da cui prende nome la pergamena.

Il documento in questione, in realtà, era già stato censito nei cataloghi una prima volta nel 1628 e successivamente nel 1912. Tuttavia solo sei anni fa è riapparso fisicamente, grazie alle ricerche di Barbara Frale, officiale dell’Archivio segreto Vaticano. “La grande cosa – ha detto l’archeologo e scrittore Valerio Massimo Manfredi - è la pubblicazione definitiva di questi documentii, sarebbe un film stupendo, ne ho anche parlato con De Laurentis che ha manifestato un interesse di massima. E' un dramma di proporzioni epocali, quasi apocalittiche, con una conclusione di una drammaticità smisurata e un duello all’ultimo colpo e all’ultimo inganno tra un re e un pontefice francesi”.

Il processo ai Templari si svolse infatti per la quasi totalità nel periodo della “cattività avignonese” che vide, dopo gli scontri tra il papato e la monarchia francese, l’arcivescovo di Bordeaux, Bertrand De Got, salire al soglio pontificio con il nome di Clemente V e spostare la sede papale da Roma ad Avignone: era il 1309. Cinque anni dopo, il 18 marzo 1314, “moriva sul rogo Jaques de Molay, l’ultimo Grande Maestro dell’Ordine del Tempio – ha ricordato Barbara Frale - con una condanna per eresia, benché fosse stato precedentemente assolto dall’autorità pontifica. Un cronista dell’epoca riportò la versione secondo la quale prima di morire avrebbe chiamato il re di Francia e il papa Clemente V davanti al tribunale di Dio”.

Proprio da questo episodio sarebbe nata “l‘infinità di leggende” sulla vicenda dei templari, favorite anche dalla “grande perdita di documenti di un processo durato sette anni - ha osservato la Frale - che è stato inoltre un enorme intrigo internazionale in cui si scontrarono l’autorità della Chiesa e quella del sovrano di Francia e di altri sovrani laici desiderosi di smantellare l’Ordine del Tempio, oramai una specie di fossile del tempo delle crociate”. Contrariamente agli scrittori di fantasia “gli storici hanno giocato al ribasso, negando le colpe dei templari”.

La verità, come sempre, sta nel mezzo e proprio l’ammissione delle proprie responsabilità di fronte al papa e il contestuale pentimento degli alti dignitari dell’ordine determinò la loro assoluzione, documentata nella Pergamena di Chinon. “E' questo il contenuto della pergamena ed è veramente sorprendente che sia stata
sempre custodita fin dai tempi di Clemente V nell’archivio pontificio e censita già nel 1628 e più tardi in un dettagliato catalogo del 1912”, pur passando inosservata agli studiosi. Forse essi sono stati “depistati” da una serie di eventi, tra i quali la Frale cita gli autorevoli studi di Scottmuller, “che non riconobbero la reale importanza di quell’inchiesta, scambiandola per un’inchiesta diocesana tra le tante celebrate in Francia”. La Frale invece, è stata insospettita dalla presenza tra i giudici di Berenger Fredol, nipote e braccio destro del papa e “l’uomo più importante del collegio dei Cardinali”.

L’intervento di una tale autorità non poteva essere che giustificato dall’importanza della circostanza, che coinvolgeva i Capi dell'Ordina e sarebbe termionata con la loro assoluzione. Dalla vicenda emerge anche una nuova figura di Clemente V, solitamente visto come il “cappellano di Filippo il Bello”. “L’Ordine del Tempio è un pezzo della Chiesa di Roma. Il papa che non poteva acconsentire che venisse distrutto per sottrargli beni da utilizzatre in una guerra contro un altro sovrano cattolico re di Inghilterra era impossibile. Clemente V ha subito il processo contro l'Ordine dei templari, che che in realtà fu sacrificato per evitare l’apertura di uno scisma che avrebbe portato alla formazione della Chiesa di Francia”.


Le torture dell'Inquisizione

La Santa Madre Chiesa così attenta ai diritti di un singolo spermatozoo, guai a "disperdere il seme" ! , ha mostrato una sensibilità infinitamente inferiore nei confronti di poveri esseri umani la cui unica colpa era magari di aver bestemmiato perchè non avevano nulla da mettere sotto i denti.
L'Inquisizione nacque nel XII secolo come tribunale ecclesiastico adibito ai processi contro catari e valdesi. Con il passare del tempo, il suo compito si specificò sempre di più nel ricercare e giudicare tutti gli eretici. Il criterio con cui si attribuiva a una persona il reato di eresia era alquanto discutibile e molto spesso i capi d'accusa erano del tutto privi di fondamento, tuttavia gli accusati arrivavano ad attribuirsi i più fantasiosi reati pur di porre fine alle atroci torture cui erano sottoposti. L'esecuzione non era possibile senza una confessione, che non poteva certo essere estorta con le buone maniere. Si ricordano 3 Inquisizioni: quella medievale, quella spagnola e quella romana. Sebbene si collochino in luoghi ed epoche differenti, i loro metodi di procedura furono essenzialmente gli stessi. Vennero impiegati antichi sistemi di tortura e ne furono inventati di nuovi, grazie anche al contributo di presunti esperti di stregoneria e demonologia. Essi erano convinti che il diavolo lasciasse un "marchio" sulla pelle del suo servo: segno invisibile, ma che rendeva insensibile la pelle in quel punto. Per questo le carni degli accusati venivano penetrate da lunghi spilloni fino a identificare il punto in cui il "servo di Satana" non provava dolore ovvero non urlava (magari perchè sfinito dalla tortura). Questa era considerata una prova sufficiente. I supplizi più "usuali" furono i seguenti:
ANNODAMENTO: era una tortura specifica per le donne. Si attorcigliavano strettamente i capelli delle streghe a un bastone. Robusti uomini ruotavano l'attrezzo in modo veloce, provocando un enorme dolore e in alcuni casi arrivando a togliere lo scalpo e lasciando il cranio scoperto. Questa tortura fu usata in Germania anche contro gli zingari (1740-1750) e in Russia nel corso della Rivoluzione Bolscevica nel 1917-1918;
CREMAGLIERA: era un modo semplice e popolare per estorcere confessioni. La vittima veniva legata su una tavola, caviglie e polsi. Rulli erano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni;
CULLA DELLA STREGA: questa era una tortura a cui venivano sottoposte solamente le streghe. La strega veniva chiusa in un sacco poi legato a un ramo e veniva fatta continuamente oscillare. Apparentemente non sembra una tortura ma il dondolio causava profondo disorientamento e aiutava a indurre a confessare. Vari soggetti hanno anche sofferto durante questa tortura di profonde allucinazioni;
CULLA DI GIUDA O TRIANGOLO: l'accusato veniva spogliato e issato su un palo alla cui estremità era fissato un grosso oggetto piramidale di ferro. Alla fine alla vittima venivano fissati dei pesi alle mani e ai piedi;
DISSANGUAMENTO: era una credenza comune che il potere di una strega potesse essere annullato dal dissanguamento o dalla purificazione, tramite fuoco, del suo sangue. Le streghe condannate erano "segnate sopra il soffio" (sfregiate sopra il naso e la bocca) e lasciate a dissanguare fino alla morte;
FANCIULLA DI FERRO O VERGINE DI NORIMBERGA: era una specie di contenitore di metallo con sembianze umane (di fanciulla appunto) con porte pieghevoli. Nella parte interna delle porte, erano inserite delle lame metalliche. I prigionieri venivano chiusi dentro in modo che il loro corpo fosse esposto a queste punte in tutta la sua lunghezza, ma senza ledere in modo mortale gli organi vitali. La morte sopraggiungeva lentamente fra atroci dolori;
FORNO: questa barbara sentenza era eseguita in Nord Europa e assomiglia ai forni crematori dei nazisti. La differenza era che nei campi di concentramento le vittime erano uccise prima di essere cremate. Nel XVII secolo più di duemila fra ragazze e donne subirono questa pena nel giro di nove anni. Questo conteggio include anche 2 bambini;
GARROTA: non è altro che un palo con un anello in ferro collegato alla vittima, seduta o in piedi; le veniva fissato e andava stretto poi per mezzo di viti o di una fune. Spesso si rompevano le ossa della colonna vertebrale;
IMMERSIONE DELLO SGABELLO: questa punizione era usata più spesso sulle donne. La vittima veniva legata a un sedile che impediva ogni movimento delle braccia. Questo sedile veniva poi immerso in uno stagno o in un luogo paludoso. Varie donne anziane che subirono questa tortura morirono per lo shock provocato dall'acqua gelida. L'immersione dello sgabello era usata per le streghe in America e in Gran Bretagna nonché come punizione per crimini minori, prostituzione e ai danni dei recidivi;
IMPALAMENTO: è una delle più antiche forme di tortura. Veniva attuata per mezzo di un palo aguzzo inserito nel retto della persona, forzato a passare lungo il corpo per fuoriuscire dalla testa o dalla gola. Il palo era poi invertito e piantato nel terreno, così, queste miserabili vittime, quando non avevano la fortuna di morire subito, soffrivano per alcuni giorni prima di spirare. Tutto ciò veniva fatto ed esposto pubblicamente;
MASTECTOMIA: alcune torture erano elaborate non solo per infliggere dolore fisico, ma anche per sconvolgere la mente delle vittime. La mastectomia era una di queste. La carne delle donne era lacerata per mezzo di tenaglie, a volte arroventate. Uno dei più orribili casi noti in cui fu usata questa tortura era quello di Anna Pappenheimer. Dopo essere già stata torturata con lo "strappado", fu spogliata, i suoi seni furono strappati e, davanti ai suoi occhi, furono spinti a forza nelle bocche dei suoi figli adulti. Questa vergogna era più di una tortura fisica; l'esecuzione faceva una parodia sul ruolo di madre e nutrice della donna, imponendole un'estrema umiliazione;
ORDALIA DELL'ACQUA: in questo tipo d'ordalia, l'acqua simboleggia il diluvio dell'Antico Testamento. Come il diluvio spazzò via i peccati così l'acqua "pulirà" l'anima della persona. Dopo 3 giorni di penitenze, l'accusato doveva immergere le mani in acqua bollente, a volte fino ai polsi, in altri casi fino ai gomiti. Si aspettavano poi 3 giorni per valutare le sue colpe.
Veniva messa in pratica anche un'ordalia dell'acqua fredda. Alla persona imputata venivano legate le mani e i piedi con una fune, in modo tale che la posizione non fosse certo propizia per rimanere a galla dopodiché veniva immersa in acqua: se galleggiava, era sicuramente colpevole, in quanto l'acqua "rifiutava" una creatura demoniaca; se andava a fondo, era innocente, ma difficilmente sarebbe stata salvata in tempo;
ACQUA INGURGITATA: l'accusato, incatenato mani e piedi ad anelli infissi nel muro e posato su un cavalletto, è costretto a ingurgitare più di NOVE litri d'acqua, e ancora altrettanti se il primo tentativo non risulta convincente, per un totale di DICIOTTO litri.
ORDALIA DEL FUOCO: prima di iniziare l'ordalia del fuoco, tutte le persone coinvolte dovevano prendere parte a un rito religioso. Questo rito poteva durare fino a 3 giorni nel corso dei quali gli accusati dovevano partecipare a preghiere, digiuni, sottostare ad esorcismi, ricevere vari tipi di benedizioni e prendere i sacramenti; dopodiché aveva inizio l'ordalia che poteva avvenire in diverso modo. Uno di questi consisteva nel trasportare per una certa distanza un pezzo di ferro incandescente, di peso variabile tra mezzo chilo e un chilo e mezzo.
Un altro tipo di ordalia del fuoco consisteva nel camminare a piedi nudi sopra carboni ardenti, a volte con gli occhi bendati. Dopo la prova, le ferite venivano coperte e, allo scadere di 3 giorni una giuria controllava lo stato delle ustioni. Se le ferite non erano rimarginate l'accusato era colpevole, altrimenti era considerato innocente;
PERA: era un terribile strumento che veniva impiegato il più delle volte per via orale. La pera era usata anche nel retto e nella vagina. Questo strumento era aperto con un giro di vite da un minimo a un massimo dei suoi segmenti. L'interno della cavità ne risultava orrendamente mutilato, spesso mortalmente. I rebbi costruiti alla fine dei segmenti servivano per aumentare il danno fisico. Questa era una pena riservata alle donne accusate di avere avuto rapporti sessuali col Maligno;
PRESSA: anche conosciuta come pena forte et dura, era una sentenza di morte. Adottata come misura giudiziaria durante il XIV secolo, raggiunse il suo apice durante il regno di Enrico IV. In Bretagna venne abolita nel 1772.
PULIZIA DELL'ANIMA: era opinione diffusa in molte zone che l'anima di una strega o di un eretico fosse corrotta, sporca e covo di quanto di contrario ci fosse al mondo. Per pulirla prima del giudizio, qualche volta le vittime erano forzate a ingerire acqua calda, carbone, perfino sapone. La famosa frase "sciacquare la bocca con il sapone", che si usa oggi, risale proprio a questa tortura;
ROGO: una delle forme più antiche di punizione delle streghe era la morte per mezzo di roghi, un destino riservato anche agli eretici. Il rogo spesso era una grande manifestazione pubblica. L'esecuzione avveniva solitamente dopo breve tempo dall'emissione della sentenza. In Scozia, il rogo di una strega era preceduto da giorni di digiuno e di solenni prediche. La strega veniva strangolata, avendo cura di farla rimanere in uno stato di stordimento; il suo corpo, a volte, era immerso in un barile di catrame prima di venire legato a un palo e messo a fuoco. Se poi, per qualche fortuita coincidenza la strega fosse riuscita a liberarsi dal palo e ad uscire dalle fiamme, la gente la rispingeva dentro;
RUOTA: in Francia e in Germania la ruota era popolare come pena capitale. Era simile alla crocifissione. Alle vittime venivano spezzati gli arti e il corpo veniva sistemato tra i raggi della ruota che veniva poi fissata su un palo. L'agonia era lunghissima e poteva anche durare dei giorni;
SEDIAINQUISITORIA: era una sedia provvista di punte e aculei alla quale il condannato era legato mediante strette fasciature. Il fondo poteva essere arroventato per produrre gravi ustioni;
SEGA: terribile metodo di esecuzione applicato, nella maggior parte delle volte, agli omosessuali. Il condannato veniva appeso a testa in giù con le gambe divaricate e con una sega veniva tagliato in 2 verticalmente. Veniva tenuto a testa in giù affinché il dissanguamento fosse più lento e perchè il maggior afflusso di sangue al cervello acuisse la sensibilità al dolore. Pare anche che la vittima restasse cosciente finchè la sega arrivava al cranio;
SQUASSAMENTO: era una forma di tortura usata insieme alla "strappata". L'accusato qui veniva sempre issato sulla carrucola, ma con dei pesi legati al suo corpo che andavano dai 25 ai 250 chili. Le conseguenze erano gravissime;
STIVALETTO SPAGNOLO: le gambe venivano legate insieme in una sorta di stivale di ferro, che il boia stringeva fino allo spappolamento delle ossa;
STRAPPATA: l'accusato veniva legato a una fune e issato su una sorta di carrucola. L'esecutore faceva il resto tirando e lasciando di colpo la corda e slogando, così, le articolazioni;
TORTURA DELL'ACQUA: veniva inflitta frequentemente a personaggi compromettenti, dal momento che i suoi risultati non erano visibili esteriormente. Veniva fatta ingurgitare all'accusato una quantità spropositata d'acqua, finché il suo ventre non raggiungeva dimensioni abnormi, quindi veniva messo a testa in giù perchè la massa d'acqua pesasse sul diaframma e sui polmoni. Oltre al fortissimo dolore, ciò provocava gravi strappi e lesioni agli organi interni;
TORTURA DELL'ANIMALE: un insetto, per lo più un tafano, a volte anche una o più api, veniva messo nell'ombelico dell'imputato, chiuso da un bicchiere di vetro. Alternativamente si poteva inserire la testa del malcapitato in un sacco pieno di bestie inferocite, spesso gatti;
IL TOPO: Tortura applicata a streghe ed eretici. Un topo vivo veniva inserito nella vagina o nell'ano con la testa rivolta verso gli organi interni della vittima e spesso, l'apertura veniva cucita. La bestiola, cercando affannosamente una via d'uscita, graffiava e rodeva le carni e gli organi dei suppliziati. Chissà come i disgraziati riuscissero a sopportare il terrore provocato alla sola vista del topo che da li a poco sarebbe entrato nel suo corpo
TURCAS: questo mezzo era usato per lacerare e strappare le unghie. Nel 1590-1591 John Fian è stato sottoposto a questa e altre torture in Scozia. Dopo che le sue unghie vennero strappate, degli aghi furono inseriti nelle sue estremità;
VEGLIA: consisteva nel privare del sonno gli accusati. Matthew Hopkins la usava in Essex. La vittima, legata, era costretta a immersioni nei fossati anche per tutta la notte per evitare che si addormentasse.

Le Segrete dei Templari

Simboli di Chinon
13 ottobre di sette secoli fa il re di Francia ordinò l´arresto di tutti i monaci-guerrieri del Tempio di Gerusalemme. Processo e condanna furono un´atroce montatura. Nel castello di Chinon ne restano le tracce.
PAOLO RUMIZ



CHINON
è invisibile, sulla collina, la prigione dei cavalieri di Dio. L´ha inghiottita la pioggia, e uno strato di nubi atlantiche che dall´imbrunire ristagna compatto sopra il fiume. Nessuna traccia, a Chinon, della sinistra muraglia dietro la quale sette secoli fa il gran maestro dei Templari Jacques de Molay fu chiuso e torturato, insieme ad altri dignitari, prima di essere messo al rogo. È l´epicentro di una storia terribile, e di una leggenda nera che risveglia ancora furibonde passioni.
Alle nove di sera, sotto il maniero, il silenzio è così totale che par di sentire le pendole nelle case. A quell´ora sulla vecchia Francia scatta il coprifuoco, e a Chinon il tempo si ferma. Palazzi in tufo giallino, vecchi hotel deliziosamente fané, odore di limo fluviale, antichi selciati e una nebbia dove ci si perde come in un bicchiere di Pernod. Per strada, solo un ubriaco, che parla da solo sotto un terrificante monumento a Giovanna d´Arco, in groppa a un cavallo indemoniato che pare trascinarla all´inferno più che al cospetto di Dio.
«Ma lei che ci va a fare a Chinon? Dei Templari non è rimasto niente», mi hanno avvertito a Parigi. A sentire gli studiosi la Francia sembra il posto meno adatto d´Europa a ritrovare i monaci guerrieri. Tutto sembra spazzato via dalla persecuzione, che qui ebbe il suo micidiale epicentro. Ma ci si mise di mezzo anche la Rivoluzione, che fece a pezzi ciò che restava. A partire dal "tempio" di Parigi, trasformato in prigione dall´ancien régime e poi abbattuto come la Bastiglia.
Tutto, nel viaggio, è sembrato depistarmi da questo luogo maledetto. La pioggia, l´inferno delle tangenziali parigine, i saliscendi infiniti della Francia profonda, i boschi labirintici dopo Orléans, oltre la Loira, dove son finito davanti ai cancelli di una centrale nucleare, e poi sulla strada - sbagliata - di Laudun, la città dei "diavoli" e del rogo per stregoneria. In fondo, questo villaggio nella pioggia che pare in capo al mondo.
In posti così addormentati sette secoli non sono niente, e forse tutto cominciò in una notte così, il 13 ottobre 1307, quando gli sgherri del re - sguinzagliati nello stesso momento in tutta la Francia - uscirono per le strade per arrestare migliaia di monaci-guerrieri con l´accusa di eresia, usura, sodomia e altro. «Un crimine orribile, lamentabile, detestabile, esecrabile, inumano e abominevole», così Filippo il Bello nell´apocalittica ordinanza che in gran segreto fece scattare il primo rastrellamento su vasta scala della storia. Li presero tutti, per mettere le mani sul loro tesoro. Li separarono in prigioni diverse, li torturarono col fuoco e li obbligarono a confessare le stesse cose.
Il mattino dopo un rumore di chiavistelli mi strappa alle fantasticherie mentre aspetto nella pioggia, sotto la fortezza. È madame Esnard, la guida, che si scusa per la quantità enorme di lucchetti da aprire. Annuncia che il torrione di Coudray, dove fu incarcerato il gran maestro, è chiuso da mesi - me la sentivo - e per visitarlo ci vuole un permesso da Tours. Spiega che a Chinon trionfa la leggenda di Giovanna d´Arco, che qui fu investita della sua missione dal re di Francia. Per i Templari non viene quasi nessuno.
È strano, racconta, perché ci sono graffiti di prigionieri. Mani, cuori raggianti di luce, scudi e croci, che hanno fatto impazzire cercatori di simboli come Louis Charbonneau e il grande René Guénon. A Chinon, è vero, non è rimasto niente. È il luogo meno templare che ci sia. Ma i muri, quelli sì, parlano eccome, a strapiombo sulla Vienne, sulla collina crivellata di grotte, mascella cariata sopra i vigneti della Turenna.
Entriamo in un labirinto di gallerie, passerelle e ponteggi formicolanti di operai: a Chinon è in corso un restauro, uno dei più grandi d´Europa, un´operazione da quattordici milioni di euro, e la prigione dei Templari è là in mezzo, sigillata da un recinto, dimenticata nella pioggia. Un dentone cilindrico in tufo che affonda nella gengiva della collina per una profondità che pare collegarlo all´altro mondo.
Intanto da Tours arriva il via libera: aprono il torrione solo per noi. Entriamo con torce elettriche, molti dei graffiti possono essere letti solo così. Sotto un soffitto esagonale, formano un puzzle sulle pareti, seguono la sequenza dei pietroni di tufo come le pagine di un libro. I più noti sono all´ingresso sulla sinistra, protetti da una teca di vetro. «Lì dentro», sorride madame Esnard, «una femmina di pipistrello è venuta a ripararsi la scorsa stagione». La torcia illumina gigli, scudi, asce, costellazioni, figure di santi, croci con la base a scalini. Ma appena gli occhi si abituano al buio, ecco apparire ragnatele di iscrizioni meno profonde, addensate nelle tre feritoie aperte sul versante sud del torrione.
Nel contorno di un vascello sta scritto: «commanda eis philipe rege papa clemens quintus diabolis et dragonibus». Che significherebbe: papa Clemente e re di Francia Filippo, siete stati mandati dal diavolo e dal dragone. Filippo è definito "il falsario". Niente di esoterico: è la maledizione di uomini comuni, con le loro rabbie e le loro paure. Finemente incisi, i nomi di possibili progionieri: Jehan Galubia, Geoffroy Verceil, Besançon Philippe, Pierre Safet cuciniere del maestro del Tempio.
«Da qualche parte, in fondo alla feritoia più occidentale», spiega la guida, «c´era la firma di Jacques de Molay, ma ora non si riesce più a leggerla». Racconta che i graffiti sono stati inventariati solo trent´anni fa da un certo Yvon Roy, che li vide quando caddero i primi intonaci. Ma gli storici non si fidano, perché lo scopritore «venne lasciato solo per mesi a lavorare nella torre» e si teme abbia manipolato qualcosa per aggiungere prove in favore dei Templari. Il problema è che nessuno, ancora, ha trovato prove "contro" l´autenticità degli straordinari graffiti di Chinon.
In fondo al finestrone centrale, oltre un tappeto di escrementi di pipistrello: «Nous sommes amenes devant l´inquisiteur de france humbert paris qui tortura les freres», siamo portati davanti all´inquisitore Umberto che ha torturato i fratelli. E ancora, un po´ più in alto, oltre a un ferro di cavallo: «Abbiamo ricevuto colpi di frusta da Robert Fribault che è il boia del re…». E, infine, su una pietra in alto a sinistra della feritoia orientale: «Robert Talmont, precettore di Francia, è morto a Chinon per le torture infertegli». Per leggere, bisogna mettere la torcia lateralmente, per esaltare l´ombra nelle fessure. Ma tutto è fantasticamente chiaro, ed è forse per questo che gli storici non si fidano ancora e la Soprintendenza ha preferito lasciare i graffiti nell´ombra.
Fuori piove ancora, dall´alto della muraglia le isolette della Vienne sembrano risalire la pigra corrente come chiatte oceaniche. I muri parlano? «La realtà è che, dopo tutto il polverone sui Templari, c´è ancora tanto da sapere e tanti documenti da setacciare», brontola Alain Demurger, maxi-esperto francese sul tema, prima di consigliarmi una buona cantina da vino. È scettico sui graffiti di Chinon; preferisce lavorare sugli atti del processo, una documentazione più che sufficiente. Ma la conclusione non cambia: i cavalieri di Dio erano «gente comune», non «extraterrestri». Militari e monaci, reclute e novizi insieme, avevano il loro inevitabile "nonnismo", ed è a quei vizi che s´è aggrappato il re per le sue accuse. Colpevoli o innocenti? La Francia - giurano qui - è ancora spaccata in due.



Fonte – La Repubblica, 07 ottobre 2007, pagina 32 sezione: CULTURA, articolo di Paolo Rumiz


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Simboli di Chinon