mercoledì 18 novembre 2009

L’importanza del pensiero greco nella Teologia altomedievale


Prima di parlare di Cristianesimo dobbiamo fermarci e fare alcune considerazioni. Il Cristianesimo della prima età dell'alto medioevo era un insieme di nozioni, credenze e culti da identificare ancora in una dimensione più strettamente “cristiana”. Motivo per il quale la chiesa si preoccupava di formulare una dottrina da impartire ai sempre più fedeli che si avvicinarono a questa nuova religione. Da questo momento l'elemento ellenistico delle popolazioni d’Oriente ebbe tantissimo valore nelle dispute teologiche altomedievali.
Il tema della morte e della resurrezione di un dio, mito anche delle religioni orientali, in Occidente aveva smesso di essere simbolo per divenire realtà. Dio non era più al di fuori della storia ma addirittura l'aveva trasfigurata con la sua venuta e la sua morte sulla croce salvando l'intera umanità; il Dio cristiano era nato da una madre di carne e aveva sofferto la propria carne. Da queste considerazioni che creavano uno “scandalo religioso” si partì per formulare una base teologica ben precisa che ammetteva l'esistenza di un unico Dio ab eterno il cui primato e unicità non ammettevano rivali. Questo dal punto di vista politico fu anche un tentativo di unificazione di tutti i fedeli sotto un unico organismo, quello religioso, che a volte sopperiva alle mancanze imperiali. Il pensiero greco influì significativamente nella formulazione di una nuova teologia che vedeva al centro dei propri dibattiti dottrinali la questione mariana , con i discorsi sulla liceità di utilizzo del termine “Theotòkos” come appellativo di Maria, ma soprattutto quella cristologica, che aveva come tema la doppia natura di Gesù Cristo. Infatti l'educazione filosofica metafisica sull' “essere non può non essere” riferita alla trinità e al rapporto tra Padre e Figlio, ebbe grande rilevanza delle grandi dispute conciliari (si ricordi la disputa tra Cirillo, monofisista, e Nestorio). Il problema era definire la natura di Cristo cercando di tenere presente il fatto che se da un lato era Dio, dall'altro si era fatto uomo, aveva sofferto ed era morto sulla croce. In un periodo dove l'entusiasmo religioso era molto forte questo tipo di discussioni favorì un’accentuata e pericolosa intolleranza che sfociò in una serratissima lotta tra monofisisti e nestoriani.

Tutto questo in un clima , quello altomedievale, di angoscia e di “ pessimismo salvifico” scaturito, biblicamente, dalla grande profanazione di Adamo, e storicamente, dal disgregarsi della classica visione del mondo romano-ellenistico. L'angoscia esistenziale era percepita con un intensità fino ad allora sconosciuta e affinchè l'espiazione rigeneratrice avesse efficacia occorreva che l'azione riparatrice fosse al pari del peccato da annullare. Occorreva quindi che Dio stesso, incarnandosi, spargesse il sangue di suo figlio Gesù Cristo per rendere la redenzione universale e degna dell'offesa recata. L'uomo da solo non avrebbe in nessun caso potuto ovviare e riparare all'operato indegno di Adamo.